Il Campione del Mondo MTB Dario Acquaroli si racconta: la vita dopo i successi sportivi

Dario Acquaroli, due volte Campione del Mondo MTB, ci racconta un passaggio cruciale della sua vita. Dopo una carriera piena di successi, il campione ci parla del dopo – di come ha vissuto il periodo del ritiro dal professionismo e di come si è reinventato in questa intervista rilasciata allo staff di Vittoria.

Cominciamo con le domande di routine: puoi raccontare la tua carriera in breve?
Ho firmato il mio primo contratto da professionista all’età di 16 anni con il team Bianchi. Ho corso 19 mondiali con la Nazionale Italiana – cross-country e marathon – vincendo 2 titoli europei (1992, 1993) e 2 titoli mondiali (1993, 1996). Ho vinto 5 titoli italiani (1992, 1993, 1996, 2000, 2005) correndo con diverse squadre: Team Bianchi, Full-Dynamix e Sintesi Larm. Un’altra vittoria, se così si può chiamare, di cui vado fiero è l’avere ricevuto il Collare d’Oro al Merito Sportivo dal CONI.

Senza dubbio una carriera piena di successi. Ma come è stato il dopo? Come ci si sente il giorno dopo in cui si tocca l’apice?
Ho raggiunto l’apice della mia carriera nel 1996, quando a 23 anni ho vinto il mio secondo mondiale. Devo ammettere che non è stato per nulla facile gestire le conseguenze di quella vittoria. Ho sempre gestito la mia vita e il mio lavoro da solo. Non ho avuto figure in famiglia che mi aiutassero – mio padre è venuto a mancare il giorno prima della mia gara di debutto quando avevo 16 anni – e non ho mai voluto affidarmi a procuratori o consiglieri di alcun tipo. Quando ti trovi sul tetto del mondo a 23 anni, e ti trovi a dover gestire in totale solitudine il lato economico e professionale della tua carriera, è molto facile cadere in scelte sbagliate ed è capitato anche a me. Negli anni successivi, sono comunque riuscito a trovare gli stimoli per continuare: diventare il numero uno del mondo in quello che ami fare è una sensazione stupenda, ti porta ad essere un po’ esibizionista, narcisista, ma la vuoi provare ancora. Il mio stimolo era quello di riconfermarmi, tornare ad essere il migliore. Negli anni che sono seguiti alla vittoria del mondiale, ho raccolto dei buoni risultati fino a quando ho deciso di ritirarmi nel 2008.

Partiamo da questo punto. Come è maturata in te la decisione di ritirarti? Come ti sei reinventato?
Fin da quando ho iniziato a fare della mountain bike il mio mestiere, c’era la consapevolezza che avrei potuto vivere di professionismo per non più di vent’anni. Fortunatamente, la vita di una persona dura molto di più e quindi sapevo che prima o poi avrei dovuto scegliere cosa fare del mio futuro. Ho deciso di ritirarmi quando fisicamente stavo ancora bene: a 33 anni ero ancora in forma e avrei potuto continuare per altri 5 anni, ma correre in bici era ormai diventato un disagio. Non avevo più stimoli, non avevo più fame. Sentivo in me l’esigenza di fare altro. In quel periodo correvo per la Sintesi Larm e il team mi aveva proposto di diventarne il manager. Successivamente, Larm mi ha coinvolto in altri progetti fino a diventare il rappresentante tecnico dell’azienda con i propri rivenditori. Devo ringraziare Massimo Biagini – Direttore di Larm – per avermi aiutato in questo passaggio così cruciale della mia vita.


Dopo aver vissuto una vita da atleta professionista, e aver vinto così tanto, come trovi stimoli nel tuo nuovo lavoro? Di cosa ti occupi adesso?
Dal 2013, lavoro in Vittoria come ambasciatore del marchio. Innanzitutto, sono molto orgoglioso di far parte della famiglia Vittoria: azienda storica del settore del ciclismo. Ho cercato di trasferire ciò che ho imparato durante la mia carriera da corridore nel nuovo mestiere: resilienza, costanza e determinazione. Trovo molto interessante il fatto che in Vittoria ho la possibilità di scoprire altri lati del ciclismo a parte quello agonistico, come quello commerciale e tecnico. Tutti i giorni mi confronto con gente del settore (negozianti, agenti, distributori, imprenditori) e mi ispira scoprire che nel loro quotidiano, con passione, sforzo e costanza, “pedalano” forte per raggiungere i loro traguardi e vincere i loro “campionati”. Rivedo in molti di loro gli stessi valori, e lo stesso spirito, che mi hanno portato ad essere campione del mondo ieri, immagine di Vittoria oggi, e domani … chi sa? Ve lo racconto la prossima volta.