Titan Tropic Cuba by Gaes, certamente si

Questo articolo è rimasto incompleto sul mio pc per quasi quattro settimane. Un po’ per scarsità di tempo, ma soprattutto per un senso di inadeguatezza, di insoddisfazione di cui non riuscivo a liberarmi. Ero persuaso di non aver ancora messo a fuoco tutti gli elementi, di non possedere ancora una visione completa di un’esperienza che aveva indubbiamente lasciato il segno, e che andava raccontata senza eccedere sul piano emotivo.
L’idea di partecipare alla seconda edizione di Titan Tropic Cuba non era nata sotto i migliori auspici, ma in fondo tutte le difficoltà sono state superate, tanto sul piano personale quanto per l’evento in sé. Avevo avuto il benestare del mio medico solo poche ore prima di mettermi in viaggio, e la morte di Fidel Castro lasciava presagire che qualche disagio sarebbe inevitabilmente arrivato. Ed è stato così: il prologo lungo le vie della capitale e sul lungomare non si è svolto, anche se siamo comunque riusciti a percorrere in bici tanto il centro quanto la periferia, e ad avere effettiva percezione dell’Avana; la premiazione finale è saltata solo pochi minuti dopo il suo annuncio, per il veto capriccioso delle autorità militari, lasciando quantomeno una traccia di amaro in bocca. E’ bello ritrovarsi alla fine, e non solo per chi vince, ma anche per coloro che in fondo desiderano solo sentirsi “titanos”. Il viaggio è ovviamente faticoso, per motivi legati alla lunghezza, agli estenuanti controlli provocati dal terrorismo, alla difficoltà di ritirare i bagagli: noi arriviamo dall’inverno ormai pieno, e ci troviamo scaraventati in un clima umido, che supera spesso senza difficoltà i 34 gradi. Ma l’isola è incantevole, non saremo certo i primi né gli ultimi a dirlo, anche se ci si rende conto da subito che le bici da fuoristrada, complice il divieto di utilizzo che sembra non trovare ormai pratica applicazione, non hanno percorsi dedicati e le buche, spesso nascoste dalle foglie, sono un pericolo praticamente dappertutto. La città vecchia, patrimonio mondiale dell’umanità, ha fascino e fama ampiamente meritata, anche se a volte fa sorridere il diretto confronto con chi ha cercato di fare di Cuba il 51° stato a stelle e strisce: come chiamare “Capitolio” un edificio identico al Campidoglio, ma volutamente un po’ più grande, o trovarsi in fila alla “Casa del Perro Caliente”, dove il panino non è certo di cane bollente. A mano a mano che ci si allontana dalla capitale, per raggiungere i distretti meno strettamente turistici, i prezzi si abbassano, le persone diventano più spontanee, e si entrava nel vero spirito di questo paese, dove domina la musica, il gusto di bere un bicchiere di ron, di conversare. Non nego di avere apprezzato molto l’approccio che i cubani hanno con il vivere di ogni giorno, e di aver percepito come distorta l’immagine che a tutti i costi si vuole dare della loro organizzazione sociale. Vivere qui può non essere facile, ma paragoni con altre dittature sono improponibili e assolutamente fuoriluogo.

Il quartiere generale prima del via era l’Hotel Palco, poco lontano dal porto di Marina Hemingway e a circa 15 km dal centro dell’Havana: bastava percorrere la Quinta Avenida, purtroppo inibita a tutte le due ruote, e ritrovarsi circondati dalle strepitose automobili anni 50 che danno un tocco assolutamente unico a questo contesto urbano. La prima tappa di gara non è stata cronometrata, per l’impossibilità della polizia e delle autorità di darci la dovuta assistenza, a causa del lutto nazionale: l’intero paese era sostanzialmente bloccato, senza musica e senza alcolici, fino a quando non sono stati celebrati i funerali solenni del “Lider Maximo”, venerato come un santo. I percorsi si sono rivelati molto belli quando abbiamo raggiunto Soroa, la cui varietà floreale ne fa un vero e proprio tesoro tropicale e soprattutto Vinales, che presenta dei fenomeni carsici di una bellezza sorprendente. Oltre ai “mogotes”, picchi aguzzi e ripidi, possiede una varietà di grotte, alcune percorribili con lancia a motore, di una bellezza sorprendente. La vita da campo non si è rivelata disagevole perché ognuno trovava la propria tenda montata e l’organizzazione ha fatto di tutto per metterci a nostro agio.

A volte la mancanza di acqua nei bagni ha creato qualche difficoltà, basterebbe che i ranchos che ospitano la carovana facessero un minimo di attenzione. I percorsi erano ben individuabili, salvo in un paiodi occasioni, ed i ristori, in cui trovavamo acqua e frutta, erano ben posizionati, Attenzione, occorre avere sempre barrette e liquidi a sufficienza, i Tropici non perdonano. L’assistenza sanitaria era sempre attenta e prodiga di consigli, ed è giusto che sia così: alcune forme di diarrea, causa la presenza di batteri a cui non siamo assolutamente abituati, vanno trattate in modo adeguato e non sottovalutato, pena conseguenze permanenti. Occorre fare un po’ di attenzione agli insetti, mentre non esistono serpenti velenosi: splendide in particolare le varie specie di uccelli, di farfalle, di orchidee e capita che se senti qualcosa di bruscamente rumoroso che ti cade alle spalle, alla fine ti accorgi che si è trattato solo di una enorme foglia. Ottima anche l’assistenza meccanica ed il servizio di massaggi; colazioni e cene sono abbondanti, con la possibilità di mangiare praticamente ad ogni ora. Se il percorso può essere leggermente migliorato la cosa non vale assolutamente per il finale di gara. Trovarsi lungo la strada costeggiata dalla foresta di mangrovie che porta a Cajo Jutias lascia senza fiato, così come quando il mare, di infinite tonalità di azzurro, ti si presenza innanzi. Basterebbe l’arrivo per giustificare la propria presenza a Titan Tropic Cuba, anche se personalmente ho trovato mille altri motivi di interesse. Una cosa che poteva essere potenziata era la presenza di fotografi, soprattutto in alcuni tratti spettacolari: guadi e foresta erano scenari assolutamente adatti, mi sarebbe piaciuto vedere qualche foto in più di tutti i partecipanti. Il rientro a l’Havana avviene in autobus, sono circa 600 km che portano verso una serata di festa, anche questa da non perdere, in un locale del centro città. Musica dal vivo per tutti i gusti, dal son alla rumba, dal jazz alla salsa, in una serata finita forse troppo presto per la necessità di riposare. Qualche difficoltà per inscatolare le bici, dovuta ad un temporale più lungo e dispettoso del previsto. La pioggia, improvvisa e possente come solo quella tropicale sa essere, mi ha impedito di godere anche del mio ultimo giorno di permanenza sull’isola. Avevo ipotizzato mille escursioni, ho dovuto optare per una lunga passeggiata lungo il Malecon, sferzato da onde violentissime, che si infrangevano sulla strada con un suono cupo e impressionante. Anche senza tenere gli occhi chiusi ho facilmente immaginato il rombo dei cannoni dell’ultimo pirata dei Caraibi, mentre lancia l’assalto sulla costa. La morte di Fidel Castro, la crescente minaccia di politiche economiche ambiziose e l’affievolirsi degli ideali della Rivoluzione rende il paragone tutt’altro che azzardato.

Un ringraziamento a RPM Events che ci ha concesso la possibilità di vivere questa esperienza, un saluto ai colleghi dell’ufficio stampa e soprattutto ad Emilio Bressan, che oltre ad essere un biker fortissimo, dominatore nella categoria Master, si è rivelato un eccellente compagno di avventura.
(Sandro Bongiorno)